CHIESA RUPESTRE DI SAN BASILIO
Ci troviamo nel rione Piaggio di Gravina in Puglia, un antico quartiere di origine medievale profondamente legato alla storia rupestre della città. La chiesa rupestre di San Basilio, situata nella Lama Chiascio (oggi conosciuta come Piaggio), risale al periodo della diffusione del Cristianesimo a Gravina e, come suggerisce il nome, in origine era probabilmente legata al culto ortodosso. Questa chiesa è particolare perché interamente scavata nel banco tufaceo e caratterizzata da ben quattro navate. In origine doveva apparire molto più semplice, priva di intonaco e probabilmente decorata da pochi affreschi. La disposizione degli altari crea non poca confusione, rendendo difficile stabilire quale fosse l’altare principale. La prima menzione scritta della chiesa di San Basilio risale al 1569, quando il vescovo Bosio ordinò la riparazione di alcune chiese del territorio: è a questo periodo che risalgono i tre altari orientati a nord. Il quarto altare, rivolto a est — simbolicamente verso la direzione in cui sorge Cristo — fu costruito nel 1714 per volontà del futuro papa Benedetto XIII, in un’abside dove probabilmente esisteva già un altare più antico. Per secoli, la chiesa rupestre di San Basilio è stata un importante luogo di culto e di incontro spirituale per gli abitanti del rione Piaggio. Tuttavia, nei primi anni del Novecento, anche a causa dei fermenti sociali legati alla nascita del movimento comunista nel quartiere, la chiesa fu chiusa e sconsacrata, finendo nell’oblio sia tra i cittadini sia tra gli studiosi di architettura rupestre. L’unica traccia rimasta visibile era un piccolo campanile in tufo, ancora oggi riconoscibile nella sua essenziale struttura. Solo di recente la storia della chiesa di San Basilio è stata riscoperta. Attualmente l’ipogeo appartiene alla famiglia Marchetti, proprietaria della casa soprastante dal 1788.

Il rione Piaggio non era solo un luogo di culto, ma anche un quartiere abitato da circa 2.000 persone, in condizioni di estrema povertà. Il rione era famoso per le sue abitazioni scavate nella roccia, dove intere famiglie vivevano ammassate in grotte. Nel 1945, un rapporto del quotidiano “La Voce” di Napoli descriveva la vita precaria degli abitanti di Piaggio, che vivevano ancora nelle caverne come in epoca preromana. Le case erano addossate le une alle altre, con tetti di tegole e lamiere di stagno che proteggevano dal sole e dalla pioggia. La maggior parte delle grotte ospitava intere famiglie, spesso numerose, in spazi ridotti e scarsamente illuminati. Le porte delle grotte fungevano anche da unici punti di ventilazione e spesso l’aria interna era viziata da cattivi odori. L’interno delle grotte era arredato con pochi mobili essenziali, come un cassettone, un letto matrimoniale e qualche saccone. Quando i figli erano troppi, si stendeva della paglia a terra, coperta da una coperta per farli dormire.

L’acqua non arrivava direttamente al rione Piaggio, e veniva trasportata a dorso di uomo o, più spesso, di donna. Gli uomini, invece, risalivano il pendio del rione per portare i defunti al cimitero. Nonostante le difficoltà, gli abitanti di Piaggio si consideravano liberi. Erano quasi tutti comunisti e preferivano raccogliere frutti selvatici, spesso di notte, per poi venderli al mercato. Gli abitanti del rione nutrivano la speranza che un giorno una società più emancipata avrebbe liberato i loro figli dalle grotte umide, garantendo loro una vita più dignitosa e libera. Piaggio era dunque un rione ricco di storia, ma segnato da profonde disuguaglianze sociali. Le chiese rupestri come San Basilio testimoniano un passato di fede e spiritualità, mentre le grotte abitate dagli abitanti più poveri raccontano una storia di lotta e resistenza. Oggi, con la riscoperta di luoghi come la chiesa di San Basilio, si cerca di riportare alla luce questa complessa eredità, restituendo dignità a un quartiere che per troppo tempo è rimasto ai margini della memoria collettiva di Gravina.
Fonte:
– Fedele Raguso e Marisa D’Agostino, Gravina-San Basilio Magno al Piaggio-Habitat rupestre, Chiesa-Beneficio, Tragni Altamura, 1999
– Michele Gismundo, Le case e le chiese grotte che raccontano ai turisti una storia millenaria e la miseria dei contadini negli anni del secondo dopoguerra